La Venere moderna di Francesco Hayez: “una singolare e sentimentale vicenda”

 

 

 

Gli ingredienti per il perfetto ménage a trois ci sono tutti: un pittore di grido, un’avvenente ballerina francese, un aristocratico di mezza età che l’adora. E sullo sfondo una sonnacchiosa città di provincia, italiana solo a metà, nota al mondo per essere stata la sede di un concilio. Davvero nulla di straordinario, se da queste premesse non fosse scaturito uno dei capolavori della pittura italiana dell’Ottocento: la Venere che scherza con due colombe di Francesco Hayez. Esposta nell’estate del 1830 all’Accademia di Brera, l’opera divise l’opinione pubblica e suscitò sulla stampa un mare di polemiche, avendo il pittore osato conferire alla dea della bellezza le sembianze imperfette di una donna reale. Giunta a destinazione a Trento, l’opera fu gelosamente custodita in casa del suo committente, il conte Girolamo Malfatti, e rimase inaccessibile al pubblico per quasi un secolo, fino alla sua casuale riscoperta e alla sua esposizione a Venezia nel 1923, che ne consentì la rivalutazione in sede critica.

Saluto di 
Stefano Ferrari - Presidente Accademia degli Agiati 
Mauto Bondi - Presidente Fondazione Caritro

Discutono con l’autore

Alessandra Tiddia
curatrice e conservatrice, Mart

Valerio Terraroli
professore ordinario di Storia della critica d’arte all’Università di Verona

Roberto Pancheri, storico dell’arte, è conservatore del Museo del Castello del Buonconsiglio